Tuesday, 9 January 2018

Sei film sei. E un dramma

Sei film sei. E un dramma
Ma che fa, Zaccagnini, se non pontifica, cifa la lezioncina, scrive sui giornali come i suoi contemporanei? Quasi settantenni e ben oltre? No, no, "me la godo". Vado al cinema, scovo e vedo tanti dvd, leggo e cerco di vivere ben lontano dall'Italia. Che sembra premiera' ancora, con il 45% dei voti, slle prossime elezioni di marzo Silvio Berlusconi, l'arzillo e pimpante fidanzato ultraottentenne che non poco ha contribuito a smantellare, a unico beneficio suo e della sua famiglia, un Paese bellissimo. A chi firma appelli e sbraita, si appella furente alla democrazia e alla liberta', ricordo che le stesse operazioni vennero fatte nella Germania prenazista, ad esempio. Basta parlare di politica - "ma solo de quello parla quer barbone rincojonito" - e concentriamoci sul cinema.
Che, a parte certe soporifere sconcezze e molto Hollywood all'insegna "er primo pizzone me lo pijo io e me ne vo zitto zitto a casa a famme cura'", ha presentato e sta presentando roba molto buona, variegata ed interessantissima.
Detto gia', o forse no, di In a lonely place di NicholasRay con Gloria Grahame, allora sua moglie, e Humphrey Bogart, che e' un signor film noir statunitense, non posso tacere Happy end, che vede di nuovo la collaborazione tra i regista austriaco Michael Hanecke e la piccola musa d'Oltralpe Isabelle Huppert, ritratto delle disfunzioni di una famiglia alto-borghese francese coprotagonisti, tra gli altri, Jean-Louis Trintignant e Mathieu Kassovitz. Piu' che ritratto una dissezione in piena regola che non manca, pero', di essere spesso  molto, molto divertente. Come e' sicuramente The disaster artist con e con James e Dave Franco, storia vera e psicodrammatica, a tratti esilarante, di una grande amicizia cementata dall'amore per il cinema. Dico solo questo perche' la pellicola va scoperta fotogramma dopo fotogramma. Come A matter of life and death del 1946, regia di Micchale powell e emeric Pressburger, con David Niven e Kim Hunter. Come The life and death of Colonel Blimp, 1943, The red shoes, 1948, e The tales of  Hoffmann, ccinema che piu' immaginifico non puo' essere, gioia per cuore, occhio e padiglioni auricolari. Stesso discorso per la pellicola yiddish Menashe di Joshua Z. Weinstein, un padre vedovo che, ccontro la ytradizione milenaria degli israeliti haskenazim, vuol far crescere con se' suo figlio. Lacrime risate vere, gente.
Come, se mai vi capitasse, The prince of Nothinwood, per scherzare con la ricchissima e seguitissima cinematografia indiana nota come Bollywood. Documentario su Selim Shalee, il piu' famoso cineasta afghano, autore di 110 pellicole firate nel modo e con l'attrezzatura piu' imprevedibili e incredibili. La giornalista francese Sonja Kronlund, che ha seguito da sempre i conflitti afghani, ha seguito Selim, si e' fatta raccontare la sua avventurosa storia e il suo, si, amore viscerale per il Cinema. Per il quale ha rzischiaato di esser bombardato, mitragliato, fucilato e quel che pare a voi . Ma Selim e' come un gatto, ha 7, 77, 777, 7777 vite. Per chi ama la Decima Arte e' un vero eroe e viene da ridere a pensare al fatto che se avesse solo i minimi mezzi di un cineasta normale... Ultima pellicola della carrellata rapidissima Molly's game. incrddibile storia vera con una straozridnaria Jessica Chastain, fisicamenet a tratti ricorda Julia Roberts, Idris Ebla e un'invecchiato, benissimo, Kevin Costner. Bacco, tabacco e Venere ridussero l'uomo in cenere? Perche', le carte no? Molly Bloom-Jessica Chastain e' qui a raccontarcelo, ha scritto anche un libro, e, non ho ancora visto l'irlandese Ronan che ha vinto il Golden Globe  e poi c'e' sempre Meryl Streep col suo The Post diretto da Steven Spielberg con Tom Hanks, non sarei affatto sorpreso se vincesse, meritatamente, il premio Oscar

Dopo tanto cinema il Dramma. L'Associazione Sportiva Roma, la mia squadra del cuore, nata a via Col Di Lana vicino a piazza Cola di Rienzo e primo campo, di legno, a Testaccio, e la sua presidenza&dirigenza. Un dramma, un disastro, una "tragedia romana" Buoni, pero', che tutto si sistemera', Pallotta parlera' col miglior direttore sportivo del mondo, lo dice lui, e  tutto si sistemera' come e' successo da quando la societa' e' in mani taloamericane, straricche come si sa.  L'olandese Kevin Strootman che dopo l'ultima, ignonimiosa sconfitta, ha detto che la squadra aveva fatto "vergogna" certo via a gennaio, Lorenzo Pellegrini in Inghilterra al prossimo mercato estivo, Di Francesco a termine. calma, calma, c'e', lo ha detto il presidente Pallotta, " c'e' l'adorato, l'amato, il venerato "mio fratello, Francesco". Panchina assicurata, in campo due campioni ad alta gradazione (gradazione)  alcoolica a guidare la banda. Tornera' il giovanissio nigeriano Sadiq, che ha comicamente  fallito a Torino, ma, si sa, la Roma di James "Creso" Pallotta punta tutto sui giovani. Quelli buoni non li fa giocare e poi li vende e incassa, quelli pessimi e strarotti li compra e li strapaga. Ma che si puo' dire qualcosa al "re degli hedge funds"? I sudditi certo no. Magari un modestisssimo giornalista come me. Uno che scrive poco. Un'anarchico giallor osso  come me si. E quello orgogliosamente faccio e continuoro' a fare, mister e hidlago.

Sara' una risata che li seppellira'.

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