Wednesday, 18 March 2020

Pierluigi Pasqualetti

Pierluigi Pasqualetti A 69 anni Gigi ha perso la partita contro l'inrsorabile tumore che lo aveva e lo ha strappato agli affetti di parenti, amici e chi lo ha conosciuto. Sono tempi teribil, molti non lo hanno capito che e' finito il mondo che abbbiamo conosciuto e, passata "lacmmare secca", nulla sara' piu' lo stesso. Mano, non parliamo di quresto ma di Gigi, romano della Garbatella, nipote del direttore della tipografia de Il Messaggero di Roma al tempo della Liberazione. "aho', mi'zio" diceva di quel piccolo, riccioso, simpatico uomo. Dal quale aveva ereditato l'abnegazione al gavoro, la competenza, l'ironia, la simpatia. Tornavo da un viaggio perche' avevo recensito in concerto o intervistato una cantante e lui si avvinaciva al bancone dove stavo seguendo l'impaginazione col piombo e midiceva sempre "a Paole' come va? Bravi? Com'era lei? Brava? Bella? Ci sei andato a letto, eh? A Giggetto jelo poi di', nun lo dico a nessuno" e giu' risate io e lui mentre la notte e la chiusura avanzavano. Quante volte lui, Ugo Ridolfi e Giuseppe "iPno" Brigandi' - nato e cresciuto a piazza San Francesco a Ripa che gli era rimasta nel cuore anche dopo che era andato a vivere in un palazzo costruito da una cooperativa che aveva rischiato di fallire e lo faceva star male - mi hanno salvato, hanno salvato colleghi, il giornale stesso. Pensato sempre piu' da gente che mai aveva gli abiti che odoravano di inchiostro, piombo e tipografia. Quante volte. E quante notti si passavano al giornale, seduti fuori, a riposarsi tra la seconda edizione, che chiudeva alle 0,30-1 e l'inzio della terza e definitiva edizione, che chiudeva alle 4,30. Io di notti cosi' lunghe ne ho fatte per almeno 10 anni. E Anche Gigi. Marito della bellaGouliana e padre di Luigi eFranco, validisimo cronista di Leggo che una volta volle portare a farmi conoscere. "A Fra', questo e' Paolo Zaccagnini, il grande Paolo Zaccagnini, il piu' grande critico rock del mondo". "no, giornalista - gli dissi - eniente piu'grande". "Ecco, a Pa', volevo che Franco mio sentisse 'ste parole". Due ricordi tra le migliaia. Le notte prima della terza edizione. O si andava allla Fontana di Trevi o daGiolitti a prendere un gelato - una notte ifascisti tentarono 'assalto all'Avanti la cui tedazione era dietro l'angolo e tra noi e i tipogragi dell'Avanti, orano del Partito Socialista Italiano, lasciammo mpltissime teste rotte grazie ai tavolini di Giolitti - oppure si restava appoggiati alle colonne dell'entrata a fare i gaga', non io, con le ragazze straniere che passavano. Gigi rideva dei colleghi tipografi che avevano create l'"arte del Rimorchio, a Zaccagni'". Gigi dei grandi scherzi in tipografia - gli spruzzi degli antincendi sotto i grembiuli dei colleghi e dei pochissimi gurnalisti che ammiravano e considevano dei loro - e tanta cata bagnata tirata sul cllo della vittima di tutto. E l'abbraccio, in quel giorno afoso, in cui la Roa vinse il secobdo scudetto. Eravamo nella redazione sportiva del giornale, tutto ballavano e catavo, io liangevo inginocchiato davanti alla gtelevisione. lui, Gigi, mi abbraccio' e le nstre di guoia si mescolarono al sudore. "A Pa',scudetto, scudetto, scudetto". Si, Gigi, scudetto. Quello che hai vinto nelle vite di tutti quelli che hai incontrato. La Garbatella e Roma sentiranno la tua mancanza, credimi. "A Pa', ma che stai a di'? Nun di' stronzate pe' piacere". Hai ragione, come sempre, Pasqualetti. Pierluigi Pasqualetti. Gigi. Sara' una isata che li seppellira'

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