Agostino Di Bartolomei
Trenta anni fa su una soleggiata terrazza di Castellabate l'ex capitano della Roma - cacciato, con l'alllenatore del secondo, storico scudetto Nils Liedholm, lanno successivo dal presidente Adino Viola - Agostino Di Bartolomei si suicidava con una fucilata. Una fucilata che ha spezzato innumerevoli vite e che ancora ogi riecheggia nell'aria. Era nato l'otto aprile del 1955 a Roma, nel quartiere di Tormarancia, e gia' a 6 anni era tesserato con le giovanili della Roma. Chiuso, composto, serio, silenzioso, taciturno ma dotato di un formidabile humour nero. Cacciato via da Roma e dalla Roma, la sua Roma, ando' a Milano col maestro Liedholm e insieme vinsero di nuovo lo scudetto. Poi ando' alla Salernitana e la fece grande. Nel frattempo, pero', chiedeva sempre alla Roma se poteva lavorare come osservatore -cioe' girare l'Italia per scoprire giovani giocatori di valore - ma la nuova proprieta' - prima Renato Mezzaroma e Franco Sensi poi solo quest'ultimo - non accetto' mai. Per me l'unico grande film del "nuovo Fellini" - je piacerebbe - Paolo Sorrentino che va assolutamente visto e rivisto e' Un'uomo a meta' con Toni Servillo e Andrea Renzi. La storia sua e di Franco Califano. Un capolavoro. Era bello andare allo stadio quando giocava lui, quasi sempre a testa bassa. Lanciava la palle e quella andava sui piedi del compagno di strada che voleva. E poi le punizioni. Le tirava sempre lui e segnava sempre lui. Cosicche' al grido del "bibitaro" di turno "panini, gelati,caffe' Borghetti" tutto lo stadio faceva acquisti mentre lui segnava e veniva feseggiato dai compagni. Allora andava iol borsello da uomo e lui ne aveva uno. Ci teneva una pistola perche' "non si sa mai, qualche matto...". Nel corso dei 30anni dalla sua morte la Roma ha pervicacemente tentato in tutti i di sdradicarne la memoria, la moglie Marisa e il figlio Luca sono stati completamente emarginati preferendo loro una marea di individui di uno squallore unico. Quando mori', vista la mia ultradecennale militanza nel nucleo storico, quello del pollivendolo Dante, rimasi sbigottito e cominciai a piangere. Tanto che i colleghi del Servizio Spettacoli, mi dissero di scendere allo Sport e chiedere al caposervizio Gianni Melidoni - un Giornalista vero - se potevo scrivere su Agostino. Me lo concesse. Taglio basso. Il momento piu' bello, intenso e triste della mia carriera.Si, perche' quando, da scalmanati e sfegatati tifosi, lo aspettavamo all'uscita degli spogliatoi dell'Olimpico - quello vecchio, inondato di pioggia o sole, riusciva sempre a schivarci e ci salutava con il braccio alzato sorridendo. Conoscendolo tra se e se' si sara' detto "ma guarda 'sti matti" ma, signor Agostino Di Bartolomei, si', noi eravamo veramente matti per lei, per i suoi comportamenti in campo e fuori. Morire, rarissimamente, in certi casi non si puo' proprio. Agostino nel cuore. Unico, indimenticabile Capitano. (Grazie,Agosti').
Sara' una risata che li eppellira'.
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