Wednesday, 15 June 2022
Il principe
Il principe
A sapere che era discendente di Hernan Cortez, il conquistador spagnolo del Messico, mi sarei inginocchiato e prostrato ogni volta che lo incontravo invece mi limitavo a vedere questo guovane signore allampanato che dava del tu ai piu' famosi jazzisti provocando in me invidia. Ora, grazie a Pepito - il principe del jazz, il libro di Marco Molendini, la mia ammirazione e' cresciuta a dismisura. Per lui e per Molendini, del quale sono stato vice per 14 anni. Molendini-Zaccagnini, i migliori anni del servizio Spettacoli de Il Messaggero. Ora Molendini si e' rivelato uno scrittore ottimo, pieno di aneddoti e storie e vicende che riportano in vita un personaggio unico di tempi unici che questi anni e tempi insulsi mai conosceranno. Messicano di nacita e romano-romano d'adozione, pieno di rabbiosa umanita', meritava un libro. E Molendini ha scritto una biografia colta e intelligente e popolare, un grande spezzone di storia. No, non la storia ufficiale ma quella di tutti i giorni. No, di tutte le notti. E un grande, grandissimo amore, il jazz. E in questo Molendini - appassionato, critico, estimatore preclaro - e' superbo. Per un buon lettore, come dicono da una vita che io sia, come me - "a Pa', stai sempre a legge, che palle" - leggere 51 pagine su 212 il primo giorno che Marco mi ha mandato il libro e' un gran risultato. Si, perche' si parla di Pepito l'impareggiabile, della deliziosa Picchi, sua moglie, che fece una triste fine, e di tante facce e miti e storie e volti, ma anche vita. Sregolata E chi puo', vuole dirlo? Vita, vite, apparentemente sregolata, apparatamente sregolate. Apparentemente perche' bruciata da un grande amore. Il Jazz. Mi dispiace ma non sono affatto daccordo con chi per la Minimum Fax, la casa editrice che ha meritoriamente pubblicato il libro, parla del principe Giuseppe Pignatelli come "una sorta di Bukowsky attratto dagli abissi". Piano, andiamoci piano. Dalle parole di Molendini esce una persona altruista, introversa, simpatica e travagliata che ha trovato l'amore, per davvero, solo nel jazz. La batteria. Non e' difficile innamorarsi di una musica, e dei sogni che evoca, se uno e' solo e, per nascita, ha tutto. E nulla. Gia' il fatto che abbia fondato il Blue Note e il Music Inn - storici jazzclub roomani che non ci sono piu', la dovrebbe dire lunga sul personaggio. E poi l'amicizia con i jazzisti, lui batterista accanito ma mai realmente capito per la sua grande nobilta' mai mostrata. Come il marchese Onofrio Del Grillo avrebbe potuto sprezzantemente dire innumerevoli volte "perche' io so io e voi nun sete un cazzo" ma mai fece pesare la sua nobile differenza. Come ben si evince dall'agile, informatissimo, stuzzicante libro di molendini, per me e pochi altri "er Molenda", felsineo-romano. Che ha riempito il libro di note curiose quanto esaustive. Devo fermarmi? Sento gia' Marco, serio, dire "adesso Paolo basta". Garibaldinamente dico "obbedisco". In uno o due giorni lo finiro' avendo in mente Pepito e Picchi godersi un concerto, magari quello di Paolo Conte alla Cavea dell'Auditorium. Poi di nuovo a nanna. Per sempre. Sotto le stelle del jazz.
Sara'una risata che li seppellira'.
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